Lo spreco alimentare
Secondo stime della FAO, entro il 2050 sarà necessario incrementare la produzione di cibo del 60%, per soddisfare il fabbisogno alimentare globale.
Tutto ciò rende lo spreco alimentare una delle sfide più importanti che la nostra società si trovi ad affrontare, soprattutto alla luce delle ricadute sociali ed economiche dovute ai beni idonei al consumo che finiscono per essere sprecati. Gli alimenti ancora commestibili che vengono gettati via rappresentano infatti la terza fonte di emissioni a effetto serra: un dato che evidenzia quanto possa essere importante riuscire a ridurre lo spreco alimentare che ogni anno si verifica a livello globale.
Eliminare gli sprechi di cibo permetterebbe inoltre di limitare il quantitativo di rifiuti, di salvaguardare le risorse disponibili – acqua, suolo, energia – e di tutelare la biodiversità; anche per questo le autorità di tutto il mondo sono attualmente impegnate per trovare una soluzione concreta al problema dello spreco alimentare.
L’Unione Europea, ad esempio, già da tempo dice no allo spreco alimentare, aderendo agli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’ONU, che punta a dimezzare il quantitativo pro capite di beni alimentari commestibili che ogni anno, per ragioni di varia natura, finiscono nella pattumiera.
La FAO, L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, con il termine “spreco alimentare”, identifica lo scarto di alimenti ancora idonei al consumo che si verifica nella vendita al dettaglio e negli ambienti domestici.
Lo spreco alimentare nel mondo è un problema di estrema rilevanza. La FAO stima in particolare che circa il 14% del cibo prodotto a livello globale venga ogni anno irrimediabilmente perduto tra produzione e distribuzione: un dato che invita a una riflessione, soprattutto se si pensa che basterebbe solo il 25% di quanto sprecato a porre fine al problema della fame nel mondo.
A fornire un’indicazione univoca su dove si spreca più cibo, è il Rapporto sull’indice dei rifiuti alimentari 2021 delle Nazioni Unite, che fornisce i dati sullo spreco alimentare a partire dal quantitativo di rifiuti ancora commestibili prodotti a livello globale. In particolare, secondo il report, il 61% di rifiuti alimentari è generato proprio dalle famiglie, seguite dalla ristorazione, con il 26%, e dalla vendita al dettaglio, con il 13%.
Lo spreco alimentare è un fenomeno che nasce da una serie di convenzioni o abitudini sbagliate particolarmente consolidate negli individui. È dovuto in parte all’eliminazione dal mercato di prodotti commestibili, ma non rispondenti ai necessari requisiti estetici, in parte alle cattive pratiche adottate a livello domestico, dove spesso, anche in modo del tutto involontario, non si dà la giusta importanza al valore del cibo.
Di seguito alcuni dei principali comportamenti errati adottati:
- L’inserimento nel carrello di alimenti non necessari o al di fuori della classica lista della spesa
- L’acquisto compulsivo di beni alimentari o in grande quantità per effetto di offerte promozionali
- Il riempimento del frigorifero e della dispensa domestica di un quantitativo di prodotti talmente elevato da non permettere un accurato monitoraggio delle confezioni
- L’acquisto di beni vicini alla scadenza, soprattutto qualora ci si dimentichi della loro presenza in frigorifero o nel caso in cui non ci si adoperi per predisporne il consumo tempestivo
- Non porre la giusta importanza alle modalità di conservazione del cibo, ad esempio non richiudendo la confezione una volta aperta o interrompendo la catena del freddo
Possiamo provare tutti a cambiare, adottando alcuni comportamenti virtuosi:
- Pianificare i pasti e compilare una lista della spesa controllando ciò che già abbiamo in casa;
- Evitare di fare la spesa affamati e non comprare più del necessario;
- Conservare il cibo in modo corretto e controllare che il frigorifero sia ben regolato;
- Controllare sempre le date di scadenza e mettere in vista i prodotti prossimi alla scadenza;
- Riutilizzare nei giorni seguenti quel che avanza dai pasti o porzionare e congelare gli avanzi;
- Non rovistare negli scaffali alla ricerca delle confezioni con scadenza più lontana, ma valutare invece se i giorni ancora utili per il consumo sono compatibili con le proprie prevedibili esigenze;
- Di fronte ad un prodotto prossimo alla scadenza, ‘testarlo’ con i propri sensi e consumarlo senza timore;
- Laddove possibile dare il cibo avanzato non più edibile agli animali;
- Usare macchine per il sottovuoto per conservare più a lungo i cibi;
- Se si consumano alimenti con confezione non richiudibile, una volta aperti riporli in contenitori ermetici;
- Tenere frutta e verdura ben in vista;
- Favorire la diffusione della cultura di wine e doggy bag al ristorante, senza vergognarsi;
- Comprare e mangiare anche ortaggi e frutta di forma, dimensioni e altre qualità estetiche non standard;
- Controllare i propri rifiuti aiuterà ad organizzare meglio la spesa.
Presi tra ciò che dovremmo fare e ciò che vogliamo fare, quando si discute dei tipi di spreco alimentare descritti sopra, la domanda successiva diventa: COSA FARE? Ancora una volta, la risposta potrebbe sembrare una banalità… e ancora una volta lo è. Ma è l’unica che abbiamo: dobbiamo cambiare ciò che dovremmo fare in qualcosa che abbiamo un profondo desiderio di fare.
L’informazione di per sé non è sufficiente e l’indignazione non basta. Quindi ciò che è necessario è un cambiamento di cuore: sviluppare una convinzione profondamente radicata che evitare lo spreco alimentare non è solo la cosa giusta da fare, ma anche una missione veramente significativa. Una cosa che fa prosperare la comunità e quindi noi stessi. Non in modo egoistico, ma nel senso che crediamo che una buona vita sia una vita in cui portiamo la responsabilità di esistere e contribuiamo con ciò che possiamo alla nostra comunità. Da ciò segue un’esistenza significativa. Quindi, non stiamo agendo per proteggere noi stessi o sacrificando noi stessi per il bene degli altri, ma stiamo cercando di dare un senso più alto alle nostre vite.
Questo non è facile. L’adozione di nuove virtù, essendo cresciuti in una società iper-consumista, potrebbe inizialmente sembrare un sacrificio, ma la speranza sta nel fatto che se ci proviamo, potremmo vivere una vita forse più semplice ma comunque bella e significativa, anche se diversa da quella in cui gli spot pubblicitari ci hanno fatto credere.
Sono fermamente convinta, infine, che condividere questa visione possa supportare uno degli elementi centrali del mio Programma, ovvero la scelta consapevole delle materie prime da ingerire e le modalità di consumazione: comprendere, infatti, che ogni pasto è prezioso e che “mangiare” non deve essere un atto meccanico ma un momento di gratitudine e di recupero delle energie, può indurre alla riduzione del consumo eccessivo e di frustrazione, soprattutto se si pensa a chi, quel cibo, lo deve conquistare ogni giorno con grande sforzo e sofferenza. Il cibo è vita e la vita è di tutti: cerchiamo il più possibile di pensare agli altri ed all’ambiente che ci circonda come parte di noi, del nostro destino, del nostro futuro e soprattutto, di quello dei nostri figli.
Antonella Allegrucci
Psicologa, Naturopata, Health Coach, Consulente Nutrizionale
STUDIO MEDICO
PIAZZA CONCA D'ORO, 43 - 00141 ROMA