La lezione del Minnesota

Eat Beautiful

Ho inserito la consulenza nutrizionale nel mio Programma perché sono convinta che una vita felice e sana non possa prescindere da un’alimentazione equilibrata e completa come elemento centrale di un percorso di recupero del benessere che deve necessariamente guardare alla natura (dell’uomo e del mondo che ci ospita) per ispirarsi e confrontarsi.

Sono altrettanto sicura che sia veramente difficile OGGI scegliere consapevolmente un nuovo stile di vita che non sia basato sulla continua dicotomia eccesso / privazione che caratterizza gran parte della nostra vita pubblica e privata. È per questo motivo che ritengo strategicamente importante affiancare un sostegno psicologico costante al progetto di cambiamento che propongo: si tratta infatti di scardinare, con dolcezza e fermezza, idee e convinzioni che, radicate in profondità per colpa di messaggi fuorvianti e contrastanti, hanno generato modelli di riferimento pericolosi e frustranti. Questo “mood”, infatti, se riferito all’alimentazione ed al rapporto con il cibo, è estremamente preoccupante perché induce nell’individuo un atteggiamento passivo / aggressivo che determina una continua rincorsa, una forte senso di colpa ed un permanente stato di inadeguatezza. Tante persone vengono da me solo perché vogliono perdere peso in un modo “diverso”: spesso non ne hanno alcun bisogno (oggettivamente, secondo parametri scientificamente misurabili) e comunque, in una prima fase, non comprendono come si possa seguire un regime alimentare che non preveda rigide limitazioni del cibo ingerito (ed in particolare, di alcuni macronutrienti, come ad esempio i carboidrati). Quasi tutti, però, sono stanchi delle continue privazioni e sono alla ricerca più o meno consapevole di un rapporto con il cibo più equilibrato, ma il pensiero dominante ha cancellato la più semplice delle ricette: solo un’alimentazione coerente, sana, costante e bilanciata, inserita in un contesto di vita attiva, ovvero che comprenda il giusto esercizio fisico, può consentire di raggiungere lo stato di salute e benessere a cui tutti aspiriamo.

Vorrei provare a convincervi tutti solo con le mie parole, vorrei che parlaste con le tante persone che, anche grazie al mio Programma e non solo, hanno scelto di percorrere questo cammino di rinascita, contro ogni moda o ideologia fuorviante, dettata esclusivamente dalla necessità di vendere qualcosa a qualcuno. Molti dei contenuti di questo sito parlano di questo e spiegano la vision e la mission che ispirano il mio progetto; ma in questo scritto voglio fare qualcosa di diverso e per questo vi riporterò quasi fedelmente un riassunto “esemplare” dei risultati dello studio psicologico più importante e complesso mai condotto sugli effetti della restrizione calorica e della perdita di peso nelle persone di peso normale: Il Minnesota Study.

Era il 1944 e presso l’Università del Minnesota fu ideato questo studio per valutare gli effetti fisiologici e psicologici di una severa e prolungata restrizione calorica e l’efficacia della riabilitazione nutrizionale, con l’obiettivo di assistere, nel modo migliore, le vittime della carestia in Europa e in Asia, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Più di 100 uomini si proposero come volontari e da questo campione iniziale furono selezionati 36 uomini che avevano il migliore stato di salute fisica e psichica e un’elevata motivazione per la partecipazione allo studio. Erano tutti bianchi, di età compresa tra 22 e 33 anni e durante lo studio erano liberi di frequentare i loro corsi universitari, ma avevano l’obbligo di dormire nel laboratorio di igiene dell’università e di assolvere a diversi compiti durante la settimana, quali percorrere almeno 35 chilometri a piedi e consumare circa tremila calorie al giorno con attività varie. Lo studio si articolò in tre fasi temporali distinte:

  • Nelle prime 12 settimane, i volontari si cibarono normalmente mentre fu studiato dettagliatamente il loro comportamento, la loro personalità e le loro modalità alimentari. Durante questo periodo i partecipanti assunsero in media 3.492 kcal (omeostasi energetica) con mantenimento del peso.
  • Nelle successive 24 settimane, i partecipanti furono sottoposti a una restrizione che corrispondeva circa alla metà del loro introito calorico iniziale (in media 1.570 kcal) e che era simile all’assunzione calorica media delle persone europee colpite dalla carestia bellica. Questo regime determinò nei partecipanti una perdita approssimativa del 25% del peso iniziale.
  • Nelle ultime 12 settimane, i partecipanti furono gradualmente riportati alla nutrizione normale. La maggior parte dei risultati fu riportata solo per 32 uomini, dato che quattro si ritirarono.

Nonostante le risposte individuali, rispetto alla perdita di peso, variassero notevolmente, tutti gli uomini sperimentarono drammatici cambiamenti fisici, psicologici e sociali.

Verso la fine del periodo di restrizione calorica i volontari impiegavano due ore per consumare un pasto che in precedenza richiedeva loro pochi minuti. Dedicavano ore a programmare come suddividere la quantità di cibo quotidiana, 19 cominciarono a leggere libri di cucina e a collezionare ricette. Vi fu un aumento del consumo di caffè e di tè: molti bevevano più di 15 caffè al giorno. I partecipanti cercavano di tenere lo stomaco pieno bevendo grandi quantità di liquidi (acqua e zuppe), chiedevano che il cibo fosse servito bollente, mischiavano gli alimenti in modo strano e vi fu un incremento notevole dell’uso di sale e spezie. Il consumo di gomme da masticare, per alcuni partecipanti, fu anche di 40 pacchetti al giorno, il fumo e l’onicofagia aumentarono marcatamente.

Numerosi di questi cambiamenti persistettero anche durante le 12 settimane di recupero del peso. Durante la fase di restrizione calorica, tutti i partecipanti riferivano un incremento della fame; alcuni riuscivano a tollerarla, per altri invece il fatto costituì un’intensa preoccupazione, fino a diventare insopportabile. Parecchi non riuscirono a aderire alla dieta e manifestarono episodi bulimici, seguiti da auto-rimprovero, auto deprecazione ed atteggiamenti autolesivi. Durante la fase di recupero del peso, quando era offerta loro una grande quantità di cibo, molti partecipanti perdevano il controllo dell’appetito, mangiando di più o di meno del necessario. Anche dopo 12 settimane di riabilitazione veniva segnalato un aumento della fame subito dopo un pasto abbondante.

La normalizzazione delle abitudini alimentari avvenne nella maggior parte dei casi solo dopo circa cinque mesi di riabilitazione, ma in un sottogruppo il consumo di cibo in eccesso continuò. Non si identificò il fattore discriminante fra chi normalizzò le abitudini alimentari e chi invece continuò a mangiare enormi quantità di cibo. Tuttavia, è importante sottolineare il fatto che, tra i partecipanti, si verificarono differenze nella risposta alla denutrizione. In generale, gli uomini risposero alla restrizione calorica con una riduzione dell’attività fisica, stanchezza, debolezza, disattenzione, apatia e mancanza di energia.

Da un punto di vista più strettamente psicologico si osservò una caduta delle capacità di attenzione e di concentrazione, scarsa capacità di insight e giudizio critico, pensiero focalizzato sul cibo, sbalzi del tono dell’umore, irritabilità, ansia, depressione ed episodi psicotici.

La restrizione calorica determinò nei volontari cambiamenti nelle relazioni sociali, quali una minore capacità di socializzazione e un maggiore isolamento. L’umore generale subì un peggioramento, il cameratismo diminuì marcatamente, mentre crebbe il senso di inadeguatezza sociale. Inoltre, i partecipanti all’esperimento riferirono una marcata diminuzione dell’interesse sessuale e delle fantasie erotiche. Gli impulsi sessuali cessarono o diventarono meno comuni.

Dopo sei mesi di restrizione calorica, i partecipanti presentarono modificazioni fisiche tra cui: dolori addominali, digestione lenta e difficile, disturbi del sonno, vertigini, mal di testa, ipersensibilità alla luce e al rumore, riduzione della forza fisica, edemi, perdita di capelli, diminuita tolleranza al freddo, mani e piedi freddi, disturbi della visione (macchie nel campo visivo e difficoltà nella focalizzazione delle immagini), disturbi dell’udito (ronzii) e parestesie.

Si verificò una riduzione della temperatura e del metabolismo basale, oltre che della frequenza cardiaca e respiratoria, che alla fine dello studio si avvicinò addirittura al 40% della norma. Durante la riabilitazione il metabolismo basale aumentò in maniera proporzionale all’aumento delle calorie ingerite. Dopo la perdita di peso del 25%, i partecipanti furono sottoposti alla rialimentazione che li fece tornare mediamente al loro peso originale, accresciuto del 10%. Poi gradualmente i partecipanti ritornarono ai livelli di peso che avevano prima dell’esperimento.

Il Minnesota study è considerato una pietra miliare negli studi sulla privazione calorica negli esseri umani poiché è forse l’unico studio dove i ricercatori hanno avuto la possibilità di controllare ogni singolo aspetto dello stile di vita dei loro soggetti. Al termine dello studio, il prof. Keys (lo scopritore della Dieta Mediterranea) e i suoi collaboratori pubblicarono un libro in due volumi di 1.385 pagine: “The Biology of Human Starvation” (1950). Gli effetti comportamentali, che oggi possiamo leggere come “lezione di Keys”, sono fondamentali e non sono tuttavia stati compresi dalla comunità sanitaria perché il fenomeno della restrizione calorica è stato perseguito in maniera indiscriminata non solo per la terapia dell’obesità ma anche come mero strumento di riduzione del peso in persone “normali”, nonostante l’evidenza della ricaduta comportamentale.

Credo che molti di coloro che hanno avuto la pazienza di leggere questo strano articolo sino alla fine, si siano riconosciuti almeno in parte nelle sensazioni e nei disturbi dei volontari dello studio Minnesota, sottoposti al regime di restrizione calorica (1.500 calorie!). Se così è, chiedetevi seriamente se ne vale la pena e soprattutto se vi state facendo del bene, scegliendo una strada che non ha nulla di logico e naturale, ma che è solo un rifugio per i sensi di colpa e per la frustrazione di una vita che spesso non vi appartiene.

Non si tratta di scegliere il mio Programma, scegliete semplicemente voi stessi: mangiate tutto, in particolare cibi sani, abbandonate zuccheri, alcolici e cibo raffinato ma soprattutto, appena potete, muovetevi di più! Vi sentirete meglio perché sarete finalmente più liberi e completi! Eatbeautiful!!!

Antonella Allegrucci

Psicologa, Naturopata, Health Coach, Consulente Nutrizionale

Per il Minnesota study la fonte è: https://www.obesita.org/minnesota-study/

 

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